Non conoscere più se stessi.. non sapere più cosa volere dalla vita.. è una sensazione strana, non mi era mai capitato di provarla. C’è la paura di sbagliare, di non fare la scelta giusta.. di far soffrire chi si ama.. Questo sentirsi così a metà, senza sapere nemmeno il perché. E’ come se fossi una bottiglia che le onde sbatacchiano tra gli scogli.. questo oscillare da una parte all’altra senza sosta, che finisce col ferire pure me.. Il sentirsi emotiva la sera, e razionale la mattina.. una duplicità che alla fine ti spezza, come se fossi una corda vecchia. Così a lungo ho sperato che accadesse qualcosa di bello che mi facesse cambiare idea, o comunque che mi facesse andare avanti ed ora.. ora che effettivamente è successo ho più dubbi di prima. Non so più cosa devo fare, non mi fido più di nessuno, tantomeno di me stessa in questo momento. E’ così brutto aver perso la propria indipendenza.. sapere di non potersi più fidare dell’istinto.. Sono solo stanca. Vorrei tornare indietro nel tempo ad un momento ben preciso, le vacanze estive dell’anno scorso in Croazia, quando ho passato momenti spensierati, prima che tutto precipitasse.. ancora mi chiedo come è potuto succedere, uno scheletro che si è sempre celato nell’armadio e all’improvviso è saltato fuori, cogliendomi di sorpresa e facendomi ancora di più del male. Quanto avrei voluto che le cose fossero andate diversamente, tutto come era all’inizio..ma la verità è che i problemi, le paure, sono sempre stati lì.. sempre.. non mi hanno mai abbandonata e forse continuerebbero ad accompagnarmi ancora se glielo permettessi di nuovo. Ho paura. Ho paura perché in realtà mi sento sola. Sola a dover affrontare le decisioni, a dover scegliere. Io odio scegliere. Vorrei tanto che tu mi guidassi, in questo mio percorso, Fra, che tu mi facessi capire quale è la cosa giusta per me, per una volta, la cosa che mi farebbe stare veramente bene una volta per tutte. Io da sola proprio non ci riesco, aiutami tu, mandami un segno che sia inequivocabile.. Vorrei tanto che qualcuno mi dicesse : devi fare così. Ma non c’è nessuno che può farlo, o almeno non bene quanto tu. Ti voglio tanto bene.

Ormai Kate era certa di una cosa: in ben poche occasioni la felicità era pura. Aveva imparato che la maggior parte delle volte si creava sulla sofferenza altrui, la felicità di qualcuno a discapito della delusione di qualcun altro, uno scambio poco equo, ma un compromesso dal quale era impossibile prescindere. Questo la gettava in un ondata di malinconia che la sbatacchiava qua e là, in cerca di una risposta su quale fosse la cosa giusta da farsi, su quale fosse la decisione migliore da prendere. Ma migliore per chi? Per lei o per qualcun altro? E anche nel caso avesse scelto se stessa, nemmeno allora si sarebbe sentita sollevata, pensando che da qualche parte c’era qualcuno che avrebbe continuato a pensarla, ad amarla, invano. E poi Kate aveva capito anche un’altra cosa: che la colpa più grande, a volte, era semplicemente essere sé stessi. Non interpretare nessun ruolo se non il proprio era come stare in una cella, non si poteva assolutamente fuggire da chi si è veramente , mentre invece una maschera, una volta indossata, la si poteva anche togliere in men che non si dica in qualsiasi momento. Uno scudo, contro la realtà, contro tutto e tutti.